E’ passato più di un mese da quando la povera Iryna Zarutska venne uccisa su un vagone della metropolitana leggera di Charlotte, in Carolina del Nord, Stati Uniti.
Purtroppo a lasciare il mondo sotto shock non è stata solo l’assurdità dell’omicidio anche se già quella basterebbe. Starsene in tranquillità per conto proprio a navigare sullo smartphone e di botto ritrovarsi assalita alle spalle e accoltellata mortalmente. Lo spazio temporale esiguo in cui si è spento il futuro di una ventenne fa venire ancora oggi, le lacrime agli occhi, e per chi come me ha lavorato molti anni a contatto con i giovani, sono lacrime vere e gonfie.
Ma a colpirmi particolarmente, a me come a molti altri, è stata la totale indifferenza delle persone su quel vagone. Nessuno che si sia avvicinato alla ragazza per soccorrerla, per starle vicino in quel momento che per Iryna era di terrore e paura o, peggio ancora, per non farla morire nella solitudine più totale, senza nemmeno una carezza. Un’indifferenza che si è riproposta pochi giorni dopo il fatto: finito il clamore che ai media serve a vendere, della ragazza non si è più parlato. A proposito di questo ci sarebbero poi altri discorsi legati alle vittime di serie A e di serie B sulle quali politici e media speculano ogni giorno, ma non è questo il punto che mi interessa.
Il dramma vero è che ormai l’indifferenza ci pervade in ogni ambito, ci distacchiamo dalla realtà per paura di dover prendere posizione. E’ sempre stato più facile mandare un sms per beneficenza tramite un programma Tv piuttosto che fermarsi a parlare 5 minuti con qualcuno che affronta la vita in solitudine.
Se nemmeno una ragazza che scivola sanguinante su un sedile riesce a farci fare un sobbalzo, che altro può scuoterci? Giriamo pagina su alcuni fatti con una velocità che fa impressione, abbiamo sostituito la telefonata con le faccette di whatsapp ed espelliamo dalla nostra vita tutto ciò che non vogliamo ci rallenti, anche nel pensiero.
Senza accorgercene, siamo sempre più chiusi dentro un recinto emotivo che tendiamo a fortificare e a rendere quasi impenetrabile. Non si tratta di sano egoismo però, ma di un meccanismo che a poco a poco ci sta raffreddando e purtroppo, isolando sempre più.
Proviamo a rimettere la testa e soprattutto il cuore fuori da questo recinto, lasciamoci contagiare dalle emozioni, di qualsiasi tipo esse siano. Dobbiamo capire che questo contagio è l’unica ancora di salvezza laddove fossimo noi a dover avere bisogno di una mano tesa. Se ci rendiamo invisibili per non essere toccati, invisibili resteremo anche quando avremo bisogno d’aiuto. Un cuore che batte è sempre meglio di una testa glaciale.
Nessuno merita di morire come Iryna ma soprattutto nessuno merita di morire nel terrore in completa solitudine come accaduto ad Iryna. Se non siamo scossi nemmeno da questo allora il futuro fa davvero paura. Non arrendiamoci.

