Uno dei concetti principali che viene insegnato nel marketing, in relazione al rapporto con gli utenti, o come dicono quelli bravi nel “Customer Care”, è che se una persona riceve un brutto servizio lo dirà in media ad almeno altre 13, mentre se il servizio ricevuto è buono, lo racconterà spontaneamente solo ad una.
Questo è ciò che sperimentiamo tutti i giorni e cioè quella sensazione che il mondo stia peggiorando soprattutto nei rapporti umani, che tutti siano degli approfittatori, che la società sia popolata maggiormente da delinquenti, che non ci possa fidare di nessuno, e così via.
Ebbene sono convinto che questo derivi esattamente da quel rapporto di 13 a 1 di cui dicevo all’inizio, dove mentre il “brutto” fa sempre notizia, il “bello” fa fatica a trovare spazio. Prendiamo ad esempio i programmi televisivi: si parla solo di omicidi, di soprusi, di tradimenti, di eliminazioni ed altre negatività varie tipo inutili liti politiche a 100 decibel. Non c’è un solo programma che dia spazio costantemente a cose belle che sono accadute nella giornata, a fatti positivi, a persone che si siano distinte per altruismo, a situazioni in cui la burocrazia invece di essere un nemico riesce invece ad aiutare.
Non sentiamo mai parlare di “Buona Sanità” ma sempre e solo di “Mala Sanità”, eppure il rapporto di vite salvate, di malattie curate, all’interno dei nostri ospedali rispetto ai casi negativi, è nettamente sbilanciato a favore delle prime. Si considera l’ordinario come normale, come se fosse un atto dovuto anche se ad esempio alcuni interventi sono veri e propri miracoli che ci permettono di avere ancora tra noi le persone che amiamo. Solo raramente trovano pubblicità, eppure nelle sale operatorie i miracoli si ripetono con costanza.
Così nei rapporti umani. Ho la fortuna di vivere una vita sociale piena, sia nelle amicizie, che nello sport o nelle semplici conoscenze. Anche nei rapporti che sono fatti di pochi secondi con persone che si incrociano ad esempio in supermercato o in altri luoghi estemporanei, più di una volta mi sono trovato ad uscirne con dei riscontri che mi hanno riempito di buon umore per interi giorni successivi. Molto dipende da noi: regalare per primi un sorriso a uno sguardo che si incrocia, un messaggio di incoraggiamento, un saluto per far sapere che comunque ci siamo, innescano un ciclo virtuoso di reazioni che è quello che ho ribattezzato nel precedente articolo “l’effetto Grecia”. Perché questo nome? Perché in quella terra ho avuto modo di vedere, ed apprezzare, che le persone restano contagiate dall’abbassarsi dei ritmi, dalla mitezza di chi ci accoglie, da un senso di calma perduta che riscopriamo quando siamo lì e che abbiamo dimenticato, dal capire che molte delle cose alle quali ambiamo quando siamo fagocitati dalla routine, non sono assolutamente necessarie.
Se tutte queste sensazioni fossero “propagandate” con la stessa cieca ostinazione con la quale si da spazio al male, sicuramente l’effetto di ritorno sarebbe positivo per tutti. Temo che purtroppo sarà difficilmente possibile, perché il bene non fa vendere; non a caso la parte più apprezzata della Divina Commedia è l’Inferno.
Allora dobbiamo impegnarci ad essere noi il volano di questa inversione di tendenza, se una persona fa un bel gesto per noi raccontiamolo a tutti e proviamo a non dare spazio alle brutte cose che ci capitano. E’ un modo anche per esorcizzare le negatività provocate dagli altri e lasciare che nella nostra testa ci sia il sereno per la maggior parte del tempo.
Ci farà stare benissimo e saremo più pronti a scegliere a chi dedicare le nostre energie.